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Le Parole del Dialetto di Yakkabog: Un Tesoro Linguistico da Preservare
L’importanza dello Studio dei Dialetti per la Cultura e l’Identità Nazionale.
L’importanza dello Studio dei Dialetti per la Cultura e l’Identità Nazionale. Biografia dell’Autrice.Jumayeva Farangiz, studentessa al primo anno presso l’Università di Tecnologie dell’Informazione e Gestione, Facoltà di Scienze Sociali, con specializzazione in Educazione Primaria, proviene dalla regione di Kashkadarya. Con un interesse accademico per la linguistica e la cultura, Farangiz dedica…
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“ Calvino in un passo celebre di Se una notte d’inverno un viaggiatore, cap. XI, ha passato in rassegna i vari tipi di lettore e di letture. E sono tanti. Nessuna scelta eccelle, sovrasta. Le vie per percorrere un testo sono svariate. Chi vede o cerca una cosa non ne vede o cerca un’altra. Ci sono critici di prim’ordine la cui prensile lettura dei testi consiste principalmente in una sorta di sondaggio degli impulsi esistenziali; sorvolando sulle analisi dell’espressione formale, ci fanno ogni volta trovare nei testi che commentano le figure cangianti dei sentimenti e della vita, della nostra felicità o della nostra malinconia, della nostra fedeltà o del nostro disordine; da loro impariamo che l’interpretazione è sempre un alludere al cerchio della vita mutevole che ci gira intorno, ora al suo solido senso ora alla sua fugacità, per cui la letteratura finisce per contare come vita vera; penso a certi saggi di Magris su Borges, Svevo o Musil, dove non interessava tanto farci sapere che cosa significhi per Borges o Svevo o Musil quel loro testo, quella descrizione, quel tema o quello stile, ma che cosa significhi per noi. Ciò mi serve per tornare a ribadire che la lettura dei testi non ha mai fine, i punti di vista sono infiniti. Nessuno ha la parola definitiva. Il contenuto di un testo artistico è inesauribile e imprevedibile, sempre in fuga, tutto non si può capire. “
Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi (collana Vele), 2022. [Libro elettronico]
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Giornata Internazionale della Guida Turistica e della Lingua Madre
21 febbraio è una giornata da festeggiare con entusiasmo! Che siate dei viaggiatori incalliti o appassionati di lingue, ci sono infinite possibilità per ...
Il 21 Febbraio: Una Giornata da Non Perdere! Il 21 febbraio è una data che merita di essere segnata sul calendario con un evidenziatore fluorescente! Non solo è il giorno in cui si celebra la Giornata Internazionale della Guida Turistica, ma è anche la Giornata Internazionale della Lingua Madre. Due eventi che, sebbene diversi, si intrecciano in un abbraccio culturale che fa battere il cuore di…
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"Robert Frost: due modi di tradurlo..." su Navuss.it
Il mio articolo “Robert Frost: due modi di tradurlo…”, già apparso su questo blog (QUI), è stato ripubblicato su “Navuss”, periodico di attualità e di informazione diretto da Serena Suriani; la pagina culturale di Navuss è invece curata dal poeta, scrittore e traduttore teramano Massimo Ridolfi. Per leggere l’articolo su Navuss: clicca QUI! ♦

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Questo uomo no, #141 - Quello che secondo lui il patriarcato non esiste più
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Premessa importante: questo testo non è "contro" un ministro ignorante che dice ingiuste e violente inesattezze in una sede istituzionale intervenendo neanche di persona a sproloquiare di cose che non sa, in modo quantomeno inopportuno. Quanto successo alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin in Senato è già successo innumerevoli volte, e succederà ancora per molto tempo. Questo testo è l'ennesima ripetizione di cose già sapute e stabilite scientificamente da chi studia le questioni di genere e i femminismi da decenni, e che ripete a ogni occasione perché questo è il suo lavoro: la ricerca e l'azione volte a dare strumenti per risolvere problemi sociali gravi e inderogabili e a puntualizzare concetti importanti per quella ricerca e quell'azione.
"Il patriarcato è finito nel 1975, con la riforma del diritto di famiglia" non è una opinione nuova, è una vecchia ignoranza che in molte forme diverse va in giro appunto dal 1975, sostanzialmente per due motivi. 1) Un punto temporale indietro nel tempo - il '75 è cinquant'anni fa! - fa sembrare questo argomento vecchio, datato, superato, e insieme a lui i femminismi che lo combattono. La realtà è che se intendiamo il patriarcato come modello politico-sociale che informa le leggi del nostro paese, è nel 1981 che viene abolito il delitto d'onore, è nel 1996 che lo stupro è classificato reato contro la persona e non contro l'onore. In più, se anche per le questioni di violenza possiamo fermarci al 1996, il patriarcato è presente nelle leggi del nostro paese in molti altri luoghi dei codici: le leggi sulla cittadinanza basate sul sangue sono leggi patriarcali, le leggi che regolano l'eredità sono patriarcali, la presenza nei nostri codici dell'espressione "buon padre di famiglia" con valore regolativo è patriarcato. Nel '75 sono finite tante cose nelle leggi italiane, ma il patriarcato no. 2) Il secondo motivo riguarda la strumentalizzazione del termine patriarcato, che da questione culturale si cerca di chiuderlo a questione legislativa. Questo è l'esempio di uno dei modi tipici di invalidare le critiche femministe e gli studi di genere: delimitare la complessità della parola patriarcato a un significato, a un solo ambito disciplinare. Si usa l'antropologia per dire che il patriarcato è un modello familiare ormai scomparso dalle nostre società; si usa la storia per rinchiuderlo in tempi lontani e civiltà remote; si usa l'etimologia per sostenere la sua inconsistenza, dato che la figura paterna ha perso potere rispetto a quella materna, la maschile rispetto a quella femminile; si usa la linguistica per sostenere che il termine è inadeguato alla complessità e alle trasformazioni della famiglia e della società contemporanee. E così via, pur di limitarne l'unico uso sensato in queste questioni: l'uso che ne fanno, da qualche secolo, i femminismi e gli studi di genere.
Il patriarcato è il nome di una relazione di potere tra esseri umani o tra istituzioni umane basata su valori sociali comunemente e tradizionalmente associati a ciò che, in una determinata cultura, viene considerato maschile. Questo è il motivo per cui: - il patriarcato non è un modo di "attaccare" o "accusare" gli esseri umani maschi, perché come forma di potere può essere usato (e nei fatti viene usato) da persone di qualsiasi genere; - il patriarcato non è il nome di una struttura sociale, di una relazione o di una forma espressiva (parola, locuzione, testo, opera d'arte), ma il nome del potere che viene usato - anche insieme ad altri - in quelle situazioni o in quelle espressioni. Quindi non esistono parole o azioni "patriarcali" da vietare, ma usi patriarcali di espressioni e situazioni che andrebbero evitate. - il patriarcato non è la "causa" della violenza di genere subita dagli esseri umani, ma il potere usato in tutte le forme di violenza di genere subite dagli esseri umani in maniera differente a seconda dei loro corpi e del loro genere. A questo proposito varrà la pena ricordare che questo è il motivo per cui non esiste alcuna "simmetria" tra la violenza di genere subita dalle donne rispetto a quella subita dagli uomini, e poi tra etero e non etero, e così via. Ogni particolarità di genere subisce forme di violenza di tipo patriarcale; 350 anni e più di femminismi permettono oggi di identificare e parlare con certezza di quelle subite da qualsiasi genere non sia l'uomo eterocis, mentre quest'ultimo genere continua, in tantissimi casi che capitano nella vita dei suoi membri, a non saperla neanche riconoscere, data l'assenza di una competenza diffusa proprio su questo aspetto specifico degli studi di genere: la maschilità. Ecco anche detto il perché in nessun senso il patriarcato è una ideologia, o può essere assimilato a un atteggiamento ideologico: il patriarcato è un fatto sociale esistente e funzionante nelle nostre società, e la sua esistenza è oggetto di studi e ricerche scientifiche da moltissimi anni, in tutte le sue forme (linguistiche, sociali, filosofiche, economiche, storiche). Può essere certamente ideologica, e di fatto lo è, la scelta di non occuparsene oppure sì, di non riconoscerlo oppure sì, di discuterne come fatto sociale del quale occuparsi nelle proprie vite oppure no.
Oppure ancora, come è stato fatto di recente seguendo un andazzo molto in voga tra le persone ignoranti e schierate contro i femminismi di ogni tipo, si può dichiarare che il patriarcato è finito e che ci sono in giro "solo" forme di maschilismo - ignorando il legame tra i due, che non sono sinonimi - e che la violenza di genere diffusa è dovuta anche all'immigrazione.
Dalle mie parti fare così si chiama "buttàlla in caciara", ed è il tipico atteggiamento di chi è ignorante e/o vuole ottenere credibilità e consenso spostando le argomentazioni altrove. Questo uomo no.
Probabilmente anche io, che studio queste cose a livello accademico dalla metà degli anni '90 e che da più di un decennio ne ho fatto un lavoro apprezzato e un'opera di divulgazione che ha aiutato moltissime persone, vengo considerato "ideologicamente schierato". Evidentemente, sapere le cose e usarle per il bene comune anche professionalmente adesso qualcunə preferisce chiamarlo così, sperando che ne possa rimanere fuori. Invece, anche se da diversi posizionamenti, o si conosce e affronta il problema, o si è parte del problema. Buon patriarcato a tuttə. P.S. per chi è più esigente, qui una mia bibliografia aggiornata a fine '23. Ci metto solo quello che leggo, studio e ho usato con risultati, quindi non ci sono pubblicazioni troppo recenti.
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Sì chiama "snobismo": dal latino "Sine Nobilitate", "senza nobiltà". Il sottoproletariato della provincia tenta di nobilitare la parole dandole nomi altisonanti; siccome il ventaglio culturale di quella gente non va oltre le telenovelas sudamericane, ecco apparire "Sole Lilith".
Urge bonifica linguistica
@DiegoGrandi82
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+++Amicus Plato, sed magis amica veritas+++
Ed ecco la verità:
Semiti sono tutti quei popoli che condividono la discendenza etnica, linguistica e culturale.
Ebraismo, Cristianesimo e Islam sono anch'esse tutte religioni semitiche.
Dunque non cadete nell'errore dolosamente indotto dalla propaganda di confondere il semitismo col sionismo.
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“Se qualcosa in Italia garantisce a un immigrato l’assimilazione culturale, linguistica e civile, ciò è presente in quelle realtà sociali, quasi sempre in provincia, nelle quali il globalismo non ha ancora sparso del tutto il suo diserbante…”
@boni_castellane
Funziona solo dove lo STATALISMO è rimasto relativamente lontano, boni, dove la Comunità nutre ancora di suo, e in dialetto, qualche corpo intermedio non schedato in ong sussidiate. Dove la gente non sta solo per dormire. Il globalismo é un quadretto teorico non necessario ma sufficiente che vien prima o dopo, fai pure tu, e s'incista come i granchi blu nel disastro statalista regolatorio.
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declinare il tempo
Sappiamo che la luce che proviene dai corpi celesti, come le stelle o le galassie, ci mette milioni o perfino miliardi di anni per raggiungere la Terra.
Le stelle ne sono la testimonianze di questi eventi passati, alcuni di milioni di anni fa, nonostante li vediamo nel nostro presente.
Allo stesso modo il tempo, nella nostra vita quotidiana, è un intreccio di passato, presente e futuro.
Una relazione complessa che suscita fascino.
Oggi in un mondo interconnesso, l'idea di "il futuro nel presente" non è più un paradosso, ma una realtà condivisa.
Quando interagiamo con qualcuno che si trova in un fuso orario diverso, stiamo comunicando con una persona che vive, in effetti, in una parte differente della nostra linea temporale.
È come declinare il tempo: "il futuro nel presente".
Oggi è domani per te, ieri per me.
Mentre noi siamo ancora nel nostro presente, loro si trovano già nel loro domani.
Luoghi lontani, stesso momento di conversazione, ma separati da date diverse
A dividerci non è solo la distanza, ma anche l'arco temporale.
La nostra linea temporale si restringe, e la distanza che ci separa è rappresentata non solo dai chilometri, ma anche dagli istanti che ci dividono.
Siamo connessi simultaneamente e in modo asimmetrico: dove le ore si sovrappongono ma le date divergono.
Questo ci porta a riflettere su come il tempo, un tempo considerato un flusso unidirezionale e immutabile, diventa come un tessuto che intreccia diversi momenti della nostra esistenza.
Presente, passato e futuro.
Nell'arco di poche ore abbiamo ristretto la linea del tempo.
Per comprendere meglio questa idea, possiamo fare riferimento ad alcune teorie sul tempo.
La teoria della relatività di Einstein, ad esempio, ci insegna che il tempo non è assoluto, ma relativo, attraverso fusi orari differenti, viviamo una versione tangibile di questa teoria: ci muoviamo attraverso diverse dimensioni temporali, creando una connessione che si estende oltre i confini tradizionali del tempo lineare.
Questo significa che può variare in base alla velocità a cui ci muoviamo e alla nostra posizione rispetto a un campo gravitazionale.
Anche se queste idee sono principalmente teoriche e scientifiche, ci forniscono un fondamento per la comprensione come diversi individui possono percepire il tempo in modo differente a seconda delle loro esperienze e posizioni.
Dal punto di vista della sintassi linguistica, i tempi verbali ci permettono di ancorare le nostre esperienze in una sequenza temporale: passato, presente e futuro.
Tuttavia, nel mondo globalizzato di oggi, queste distinzioni si fanno più sfumate.
Parlare di eventi futuri come se fossero presenti diventa una necessità pratica quando ci relazioniamo con persone in diversi fusi orari.
Capire e accettare questa fluidità del tempo ci offre potere.
Ci permette di empatizzare meglio con gli altri, comprendendo che la loro percezione degli eventi può differire dalla nostra.
Ci offre la possibilità di pianificare in modo più efficace, tenendo conto delle variazioni temporali globali.
Inoltre, questa comprensione può arricchire il nostro apprezzamento verso la diversità culturale e temporale, ricordandoci che il nostro domani può essere l'oggi di qualcun altro.
Declinare il tempo in "il futuro nel presente" ci ricorda che siamo tutti intrecciati in un razzo temporale che trascende i confini geografici e cronologici.
Imparare a navigare in questa complessità con le giuste teorie e strumenti sintattici non solo amplia la nostra comprensione del mondo, ma ci equipaggia anche a vivere in armonia con le diversità temporali che incontriamo.
Proprio come le stelle nel cielo notturno, il tempo ci connette tutti, passato, presente e futuro, in un'unica esperienza universale.
Tuttavia, questa divisione non deve essere vista come un ostacolo, ma come un'opportunità per arricchire la nostra esperienza umana.
Mentre intrecciamo conversazioni, collaborazioni e connessioni con persone in diversi fusi orari, abbracciamo una realtà in cui passato, presente e futuro si fondono, offrendoci una visione più ampia e profonda del mondo.
Così, il futuro non è più un concetto distante, ma una parte integrante del nostro presente, vissuta e condivisa ogni giorno nel vasto panorama dell'esistenza umana.

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[✎ ITA] Weverse Magazine : Recensione : RM Lo Rende Possibile | 03.07.24⠸
🌟 Weverse Magazine 🗞
RM Lo Rende Possibile
__ Uno sguardo ai diversi MV per Right Place, Wrong Person __
__ di SEO SEONGDEOK | 03. 07. 2024
Twitter | Orig. KOR
RM ha scritto Right Place, Wrong Person prima di iniziare il servizio militare, e poi l'ha rilasciato in corso d'addestramento. Per questo motivo, ovviamente, non è stato possibile vedere sue apparizioni alla TV o a programmi in diretta, men che meno scoprire i suoi pensieri e processi mentali relativi all'album. Invece, nel corso di un mese, è stata pubblicata tutta una serie di video performance e video musicali—sei in totale— L'album tratteggia il tipo di persona che RM è diventato oggi. Vorace amante della musica, RM ha tratto ispirazione da diversi generi e si è fatto aiutare da molteplici collaboratori al fine di portare alla luce la sua più sincera visione del mondo. Affiancato – in particolare – da San Yawn dei Balming Tiger, la super star dei BTS si è affidata ai propri gusti personali – invece che volgersi a nomi noti della musica – per creare la sua squadra dei sogni, composta da artisti coreani ed internazionali. Il risultato è qualcosa di più unico che raro, anche per quella fetta di idol K-pop che già si occupa in prima persona della propria musica. RM muove un ulteriore passo al di fuori delle aspettative, distanziandosi dal seguire una mera diramazione dei lavori e dello stile dei BTS – per addentrarsi, piuttosto, in un territorio musicale lui poco noto. Quest'album non è un progettino personale qualsiasi, ma un lavoro dalla produzione e le risorse tipiche dei rilasci su scala internazionale. RM ha dunque attinto dalla sua identità coreana – e, più generalmente parlando, asiatica - per esprimere il suo status di outsider agli occhi del mondo occidentale. E tutto questo è stato possibile proprio perché è un artista K-pop, è un membro dei BTS e si tratta di lui, RM. Come sicuramente già menzionato, la libertà espressiva e linguistica di RM non è solo o tanto un punto di forza, quanto una sua caratteristica identitaria.
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Chiaramente i diversi MV preparati per accompagnare l'album non possono che riflettere la personalità del progetto stesso. “Come back to me”, rilasciato come singolo prima dell'uscita dell'album, vede la regia di Lee Sung Jin, già autore della serie Netflix Beef (Lo scontro). L'anno scorso, Lee ha preso parte ad una conferenza che si è tenuta in Corea e ha condiviso come in passato, “Scrivevo preoccupandomi di come poter creare qualcosa che potesse piacere al pubblico americano”. Mentre ora, ha detto “Cerco di esprimere la mia identità, nei miei progetti.” Il cast principale apparso nel MV di “Come back to me” sono tuttə attori/trici coreanə o parte della diaspora coreana. Nonostante l'atmosfera vagamente aliena, le riprese in interno—esperta opera della direttrice artistica Seong-Hie Ryu—sembrano rappresentare un qualche spazio residenziale in Corea. Come si è visto in pellicole quali Parasite e Everything Everywhere All at Once—e, più recentemente, nelle famosissime serie TV The Sympathizer (Il Simpatizzante / HBO) e Shōgun (FX), d'ambientazione rispettivamente vietnamita e giapponese—è ormai assolutamente normale ed accettato seguire e concentrarsi su tali storie senza dover metter mano e trasporre il contesto linguistico e culturale d'origine.
In un'era in cui la musica coreana non è più sconosciuta è dunque forse possibile puntare a qualcosa di più che la semplice ambiguità culturale o un'estetica esotica, quando si tratta di video musicali? Sembrerebbe un quesito ed una possibilità condivisi da moltə dato che, mentre in passato il K-pop non si è quasi mai distanziato dall'iconografia tipicamente coreana – fatta, ad esempio, di uniformi scolastiche -, negli anni più recenti la scena si è sviluppata ed espansa fino ad includere elementi di cultura ed abbigliamento tradizionali — come l'hanbok— ed il folklore coreano. L'approccio adottato da RM, però, non spicca tanto per la sua modernità, quanto per la qualità cinematografica. Il non-detto è sufficiente a suggerire un'ulteriore e più profonda proliferazione di possibilità ancora inesplorate, e la struttura circolare esprime al meglio le tematiche narrate in quest'album, ovvero la dicotomia giusto/sbagliato, la contraddizione in termini del voler essere se stesso nonostante i dubbi identitari, ed il contrasto tra il desiderio di esplorare cose nuove e l'attenersi a ciò che già si conosce.
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Il video musicale di “LOST!” è stato diretto dal regista Aube Perrie. Perrie si è aggiudicato i premi Best New Director e Best Hip Hop/Grime/Rap Video (International) agli UK Music Video Awards 2021 per i MV di “Chemical” di MK e “Thot Shit” di Megan Thee Stallion e, successivamente, è diventato ancor più famoso grazie al contributo dato ai brani “Music For a Sushi Restaurant” e “Satellite” di Harry Styles. I video musicali di Perrie sono noti per il modo in cui sanno spingersi oltre i limiti dell'immaginario in scenari e situazioni ben precisi. Vi troviamo un collage di stili – tra cui, anche la clay animation (plastilina animata) – e set che ricordano miniature o studi televisivi d'epoca, il tutto mixato insieme in un labirinto escheriano di ripetizioni e paradossi temporali.
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I video di “Groin”, “Nuts”, “Domodachi” (feat. Little Simz) e “ㅠㅠ (Credit Roll)” sono usciti in un secondo momento e sono tutti opera della regia di Pennacky. Questo regista è noto e celebrato nella scena indie giapponese come pioniere dello stile rètro anni ’80s/’90s ed è celeberrimo per le sue collaborazioni con vari artistə asiaticə, anche al di fuori della scena giapponese, come il collettivo musicale coreano dei Balming Tiger, la band singaporeana dei Sobs ed il gruppo indonesiano dei Gizpel. Ma dire che opera unicamente entro i limiti della scena indie non è del tutto corretto, vista la sua partecipazione a progetti di artistə giapponesi famosissimi come le ATARASHII GAKKO! ed altrə appartenenti alla scena mainstream occidentale, quali i Phoenix. Lo stile tipico di Pennacky pervade i video diretti per RM. È evidente la predilezione per una certa estetica ed iconografia—la pellicola 16 mm, un approccio semplice e diretto ad effetti particolari ed affascinanti, cui attinge senza nascondere l'evidente sprezzatura—e la tendenza ad enfatizzare il gusto propriamente giapponese che caratterizza i suoi video, qualsiasi sia la nazionalità dell'artista o la scala del progetto cui partecipa – ad esempio la presenza costante di figure quali il personaggio del lavoratore salariato giapponese ed effetti speciali più vicini alla cultura e tradizione nipponica.
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Tra tutte le sue collaborazioni con RM, però, il video che accompagna la penultima traccia dell'album, “ㅠㅠ (Credit Roll)”, è forse il più degno di nota. RM siede di fronte ad una telecamera mentre il filmato viene riprodotto su una vecchia TV squadrata e, nelle sue immediate vicinanze, gente di diversa età ed origini siede a terra, attorno ad un tavolo tradizionale - bapsang, condividendo un pasto a base di pietanze che potrebbero essere coreane, sebbene sia difficile a stabilirsi. Questi personaggi chiacchierano animatamente senza mai voltarsi verso la televisione. Un gruppo di individui non coreani riuniti per consumare un pasto coreano – o anche solo asiatico, mentre RM si esibisce in TV—quale migliore rappresentazione del rispetto che RM si merita, di quanto dovrebbe esser fiero di se stesso, e del mistero che ancora cela ciò che gli riserverà il futuro? “ㅠㅠ (Credit Roll)” non è solamente un'umile traccia conclusiva in cui l'artista ci ringrazia preventivamente per aver ascoltato fino ai titoli di coda. Alcuni artisti si considerano e/o sono consapevoli d'essere piattaforme e mezzi espressivi di per sé. Right Place, Wrong Person presanta tematiche quali il sentirsi un estraneo, l'essere una star globale, l'approccio a percorsi ancora inesplorati e le difficoltà di adattamento—o forse l'inadeguatezza in genere. La vasta gamma di collaboratori di cui si è circondato RM per questo progetto non fa che arricchire la trama di questi brani e video fondamentalmente appartenenti alla sfera idol, espandendone i concetti e contenuti contestuali. E, come già detto, tutto questo è possibile solo perché si tratta di K-pop, si tratta dei BTS e si tratta di RM.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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molti mi diranno gio ma perché la sardegna è separata dal resto. intanto la sardegna non è italia e su questo siamo tutti d'accordo. in secondo luogo se anche fosse italia non è oggettivamente né nord né centro né sud (laddove la sicilia che pure non è italia è oggettivamente sud). gli hater e l'istituto nazionale di statistica diranno "il sud e le isole" ma io sono indipendentismopillato e so che la categoria di "sud e isole" non è culturale né linguistica ma economica nonché imposta dall'alto da una forza padrona che non riscontrava differenze tra un popolo rurale malamente italianizzato e un altro. spiritualmente e sotto il padrone siamo popoli fratelli ma il principio di autodeterminazione dei popoli impone la definizione di un'identità al di là del popolo oppressore e in quanto tale l'identità sarda ha ben poco da spartire con le altre identità meridionali tranne forse quella siciliana. send post
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Umberto Eco: Vita, Opere e Eredità di un Grande Intellettuale. Recensione di Alessandria today
Introduzione.Umberto Eco è stato uno dei più grandi intellettuali del XX e XXI secolo, celebre per il suo contributo alla semiotica, alla filosofia, alla critica letteraria e alla narrativa. Autore di saggi fondamentali e di romanzi di grande successo, ha saputo coniugare rigore accademico e capacità divulgativa, influenzando profondamente il panorama culturale internazionale. 1. Biografia: Vita…
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“ All’atto di redigere il testo di un parlato radiofonico si dovrà dunque evitare in ogni modo che nel radioascoltatore si manifesti il cosiddetto «complesso di inferiorità culturale», cioè quello stato di ansia, di irritazione, di dispetto che coglie chiunque si senta condannare come ignorante dalla consapevolezza, dalla finezza, dalla sapienza altrui. Questo «complesso» determina una soluzione di continuità nel colloquio tra il dicitore e l’ascoltatore, crea una zona di vuoto, un «fading» spirituale nella recezione. Ad ovviare la qual calamità radiofonica è in particolare consigliabile: a) in ogni evenienza astenersi dall’uso della prima persona singolare «io». Il pronome «io» ha carattere esibitivo, autobiografante o addirittura indiscreto. Sostituire all’«io» il «noi» di timbro resocontisticoneutro, o evitare l’autocitazione. Al giudizio: «Io penso che la Divina Commedia sia l’opera maggiore di Dante», sostituire: «La Divina Commedia è ecc.»; b) astenersi da parole o da locuzioni straniere quando se ne possa praticare l’equivalente italiano. Usare la voce straniera soltanto ove essa esprima una idea, una gradazione di concetto, non per anco trasferita in italiano. Per tal norma inferiority-complex, nuance, Blitz-Krieg e chaise-longue dovranno essere sostituiti da complesso d’inferiorità, sfumatura, guerra lampo e sedia a sdraio: mentre self-made man, Stimmung, Weltanschauung, romancero, cul-de-lampe e cocktail party potranno essere tollerati; c) evitare gli sterili elenchi dei nomi di persona quando non si possono caratterizzare o comunque definire le persone chiamate in causa. Meglio omettere dei «nomi da manuale», che infastidire l’ascoltatore citando nomi destinati a spegnersi appena pronunziati, come faville lasciate addietro per un attimo dalla corsa d’una locomotiva; d) operare analogamente con le date. In un esposto di carattere storico le date costituiscono opportuno ammonimento, gradito appoggio e gradita eccitazione per la memoria. Tali appaiono al viaggiatore le indicazioni chilometriche. Delle date si dovrà misurare il valore e l’intercorrenza più conveniente. Si dovranno gerarchizzare, distanziare le une dalle altre; e porgerle comunque con garbo all’attenzione di chi ascolta, quasi le richiedesse opportunità, necessità; e) astenersi dal presupporre nel radioabbonato conoscenze che «egli», il «qualunque», non può avere e non ha. Inibirsi la civetteria del dare per comunemente noto quello che noto comunemente non è. A nessun uomo, per quanto colto, si può chieder di essere una enciclopedia. I lemmi dell’enciclopedia rappresentano la fatica di migliaia di collaboratori; f) entrare subito o pressoché subito in medias res: non tener sospeso l’animo del radioascoltatore con lunghi preamboli, con la vacuità di premonizioni superflue che il valore cioè il costo del tempo radioparlato sono ben lontani dal giustificare, dall’ammettere. “
Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico.
NOTA: durante la sua collaborazione con la RAI (accettata per necessità e mal sopportata), presso i servizi di cultura del Terzo programma (1950-55), Gadda redasse un breve vademecum a beneficio degli autori radiofonici e destinato a circolazione interna (veniva allegato ai contratti per i collaboratori). La prima edizione delle Norme (ERI, Torino, 1953) apparve senza il nome dell’autore ma firmata in calce «IL TERZO PROGRAMMA»; seguì una seconda edizione (ERI, Torino, 1973), questa volta a nome di Gadda. Il testo fu quindi accolto nelle raccolte postume degli scritti minori dell’ «ingegnere».
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Ama io non ti seguo perchè non mi interessa niente di calcio, ma tutte le cose che hai scritto sull'essere una giovane donna magrebina in questa Italia, qui e ora... Ti vorrei abbracciare e ringraziare. I miei ragazzi a scuola, qui al centro-nord sono quasi tutti figli di gente immigrata, dal Meridione o letteralmente da tutto il mondo. Io sono nata e cresciuta in una piccola città toscana, la stessa dei miei genitori, con modestissimi flussi migratori. A volte mi sento inadeguata a comprendere il loro mondo. A voi ragazzi di seconda generazione, alle vostre voci, devo moltissimo nel processo del diventare un'insegnante più capace di accogliere tutti loro.
Grazie ancora.
scusami per la risposta che arriva un po' in ritardo (ultima sessione d'esami della mia vita) però volevo prendermi il tempo per ringraziarti tantissimo per queste parole. Ma proprio tanto. Lo so che forse sto per dire cose scontatissime, però io davvero ho avuto a che fare con qualche insegnante che ha fatto tutto il contrario di quello che fai e pensi tu. I miei genitori hanno fatto pochissimi anni di scuola in Marocco. La mia mamma, pace alla sua anima, non ha mai imparato bene l'italiano qui. Quando era in terza media ed è arrivato il momento di scegliere la scuola superiore la mia insegnante di italiano ha convocato i miei genitori con me presente, per dire loro che sì, io avrei potuto fare il classico perché ero brava nelle materie letterarie, però il supporto della famiglia era "necessario" anche perché sarei stata "la prima della famiglia ad andare al classico" e "la prima del palazzo" , immagino la prima del mio palazzo popolare di marocchini e tunisini...che boh, belle cose da dire.
La differenza tra i figli di stranieri e i loro genitori è che i genitori purtroppo - vuoi la barriera linguistica, sociale, culturale - abbassano la testa di fronte a certe discriminazioni, a certi pregiudizi. Non è che non li vedono, ma fanno finta di niente. Noi non facciamo finta di niente, com'è giusto che sia, e certe volte ripenso a quelle parole e mi viene una rabbia. Io mi sono salvata perché mi piaceva studiare, ma quanti ne ho visti di amici, conoscenti, di persone come me (spesso soprattutto i ragazzini maschi, su cui cade maggiormente lo stigma) presi per scemi dagli insegnanti, sbattuti fuori dalle classi, i nomi costantemente storpiati, battute sulla cultura e sulla religione. Trattati come se la scuola non fosse un diritto ma un privilegio di classe e un privilegio culturale.
Non è facile, ma penso che già porti queste riflessioni sia tantissimo e sono sicura che tu sia una meravigliosa insegnante. Scusami per la risposta lunga ma ecco, mi rimette in pace con il mondo leggere queste cose. Grazie a te! 💗
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Lollo&Brigida, alias il cognato, A.D. 2023

"Credo che sia evidente a tutti che non esiste una razza italiana, è un falso problema quello di immaginare un concetto di questa natura. Esiste però una cultura, un'etnia italiana, che la Treccani definisce raggruppamento linguistico-culturale, che in questo convegno si tende a tutelare" "Abbiamo un incremento demografico di 75 milioni di persone l'anno quindi la popolazione del mondo cresce e tanti di quelli che nascono nel mondo vorrebbero venire a vivere in Italia. Allora perché preoccuparsi delle nascite in Italia? Se la risposta è di incrementare la natalità è per ragioni legate alla difesa di quella appartenenza a cui molti di noi sono legati - io in particolare con orgoglio - la cultura italiana, il ceppo linguistica, il modo di vivere. Così come credo siano orgogliosi tutti i popoli".
Notare bene l'incipt: "è per ragioni legate alla difesa di quella appartenenza a cui molti di noi sono legati - io in particolare con orgoglio - la cultura italiana, il ceppo linguistica, il modo di vivere. Così come credo siano orgogliosi tutti i popoli".
A breve, seguirà la dichiarazione del ministro che parlerà delle proprie dichiarazioni, dettate dalla propria ignoranza personale sui e dei fatti
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Espresso globale
La parola caffè è universale?
Non lo so, non credo. Però è la bevanda più diffusa al mondo e, in termini di valore economico, è il secondo prodotto più scambiato dopo il petrolio.
Chissà come si dice caffè in cinese…
Se parlassimo tutti la medesima lingua, sarebbe più facile. Migliorerebbero gli scambi commerciali, il turismo e i rapporti internazionali. Potremmo viaggiare senza preoccuparci di imparare frasi fondamentali in una nuova lingua, o ricordarci di scaricare, prima della partenza, una app di traduzione. Ordinare cibo in un ristorante straniero sarebbe un gioco da ragazzi e non correremmo il rischio di mangiare, per sbaglio, cavallette al posto di patatine.
Certo sarebbe bello.
Ma a pensarci bene anche la diversità linguistica ha il suo fascino e la sua importanza, perché le lingue riflettono la storia e le tradizioni dei popoli che le parlano e la loro perdita potrebbe significare una conseguente perdita di identità culturale. La diversità linguistica arricchisce il nostro mondo e ci offre una gamma di modi unici per esprimerci. Un mondo che parla una lingua soltanto potrebbe rischiare di ridurre la varietà di punti di vista, di idee. E poi, le barzellette che funzionano con un gioco di parole si potrebbero raccontare in una lingua soltanto e dunque, in definitiva, si riderebbe di meno.
Vabbè… era così per dire.
E mentre continuo a sognare un mondo in cui possiamo godere dei vantaggi di una lingua comune, mantenendo allo stesso tempo il potenziale creativo di molteplici idiomi, sorseggio con gusto il mio espresso di metà mattina.
Rigorosamente ristretto!
#caffè#profumo di caffè#pausa caffè#tazzina di caffe#coffee#coffee lover#coffeeoftheday#espresso#lingue#globale
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